FESTE E AGONI
La rappresentazione delle
tragedie nell’Atene del v sec. a.C. era regolamentata dallo stato e aveva una
forte rilevanza politico-religiosa. La performance si svolgeva nell’ambito
delle feste in onore di Dioniso. Le Grandi Dionisie erano la festa più recente
e più solenne dedicata al dio. La loro istituzione e quella dell’agone
sono attribuite a Pisistrato. Il primo
concorso si sarebbe svolto tra il 535 e il 532 a.C. e avrebbe visto vincitore
Tespi. Prese forma così il progetto e poi la costruzione del teatro dionisiaco
sulle pendici meridionali dell’Acropoli. Riguardo a Dioniso, egli ha solo
raramente un ruolo preminente: protagonista nelle Baccanti di Euripide ed
Eschilo gli aveva dedicato alcune delle sue tragedie andate perse. Le tragede erano
inserite all’interno di una tetralogia di cui era parte integrante il dramma
satiresco, nel quale l’elemento dionisiaco era centrale. Questo legame tra
tragedia e dramma satiresco venne poi allentandosi. Il satyricon non va identificato tout court con il dramma satiresco
del v sec.: è l’antecedente comune da cui, oltre al dramma satiresco, trasse
origine anche la tragedia. Questo legame tra i due generi si riflette anche
nella condivisione dei tratti esteriori: essi avevano gli stessi autori, gli
stessi attori, lo stesso coro, ecc. Un ulteriore elemento che va sottolineato è
che alle Dionisie non vengono rappresentate solo tragedie e drammi satireschi,
ma venivano eseguiti anche ditirambi, la cui natura di canti in onore di
Dioniso ci è attestata sin da Archiloco e per tutto il corso dell’antichità.
L’ipotesi che la tragedia abbia avuto
origini da canti o performance in onore del dio è la più convincente. Il
programma della festa prevedeva lo svolgimento di agoni tragici (i più
antichi), agoni ditirambici (istituiti dal 508) e agoni comici (dal 486). Ad
eseguire i ditirambi erano a turno dieci
cori (uno per tribù): oltre ad un concorso riservato agli uomini ve ne era uno
per i ragazzi. Cinque erano invece le commedie in gara. All’ agone tragico
concorrevano tre poeti, ciascuno con una tetralogia e un dramma satiresco. Gli
autori che volevano competere nelle Dionisie dovevano presentare il loro testo
all’arconte eponimo, che sceglieva i tre poeti partecipanti. Le spese erano
sostenute dal corego, ateniese particolarmente facoltoso, talvolta
volontariamente, talvolta come contributo finanziario all’attività promosse
dallo stato. Un corego poteva fare il nome di un altro ateniese, ma se
quest’ultimo rifiutava egli doveva per forza accettare (antidosi =scambio dei
beni con il rivale; poteva chiederlo colui che faceva l’altro nome se il
secondo rifiutava). Il nome del corego, figura molto importante, compariva
insieme al nome dei vincitori e del poeta. Il corego doveva farsi carico di
tutto, anche del maestro per il coro( più in là si identifica con lo stesso
poeta); solo gli attori erano pagati dallo stato. A determinare l’ordine delle
rappresentazioni era il sorteggio. L’ultimo era il più fortunato perché al
momento del verdetto la giuria sentiva ancora l’impatto emotivo del suo
spettacolo. Per quanto riguarda la giuria, i dieci rappresentanti erano
sorteggiati da dieci urne (una per tribù) e compilavano ognuno una tavoletta.
Delle dieci tavolette ne venivano sorteggiate cinque e da queste si stilava la
classifica. Il momento della premiazione era solenne: l’araldo proclamava il
vincitore, che riceveva sul capo, direttamente dall’arconte, una corona
d’edera. Il girono seguente il responsabile della manifestazione doveva rendere
conto delle cose davanti all’assemblea popolare. Tragedie e commedie venivano
portate in scena anche nelle Lenee e delle Dionisie rurali, anche se in modo
meno solenne. Le Lenee, ovvero la festa di Dioniso Leneo, si celebravano
intorno a gennaio-febbraio e avevano una dimensione prettamente locale. Le
Lenee prevedevano all’inizio solo le competizioni comiche, quelle tragiche
furono introdotte in seguito e al concorso erano ammessi due tragediografi,
ciascuno con due tragedie, senza dramma satiresco. Per le Dionisie rurali non
sappiamo se esse prevedessero ovunque gli agoni. Il responsabile era il
demarco, che delegava a sua volta ai coreghi l’incombenza di provvedere
all’allestimento degli spettacoli. Le rappresentazioni dovevano contemplare,
accanto alla performance di opere originali, anche la ripresa di drammi già
portati in scena nel teatro di Dioniso: è probabile che questa prassi abbia
contribuito a promuovere quella conoscenza delle trame tragiche che Aristofane
spesso postula come un dato già conosciuto dagli spettatori delle sue commedie.
A partire dal IV sec., quando il teatro diventa un fenomeno culturale in tutto
il mondo greco, le rappresentazioni vengono legate anche a celebrazioni di
altre divinità. Infine va rilevato che l’affermarsi di una cultura di tipo
libresco rende sempre meno importante il momento della performance. Non solo
non è più la visione diretta dello spettacolo il canale privilegiato attraverso
il quale si diffonde la conoscenza delle tragedie, ma accade anche che lo
stesso poeta non componga più per la scena. E’ questo il periodo che vede la
fioritura di numerosi Buchdramen,
cioè di tragedie scritte per la semplice lettura o per la declamazione in
luoghi privati.
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